Il brand è più di un nome, di un logo o di una campagna di comunicazione: è un viaggio, fatto di esperienze e sensazioni che si modificano nel tempo. Il brand è la promessa di rispettare certi valori, per ottenere in cambio la fiducia e l’affetto delle persone.

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Grom, un gelato con dei valori

In pochissimi anni Grom si è imposta all’attenzione del mercato con la sua gelateria artigianale «come una volta», contraddistinta dall’uso di materie prime di qualità e connotata da un solido universo simbolico di riferimento. Oggi Grom, fondata nel 2003 dagli amici Federico Grom e Guido Martinetti, è partecipata dal Gruppo Illy (5%, ndr) e possiede decine di pdv in Italia e nelle principali città del mondo, tra cui New York, Parigi e Tokio. Abbiamo fatto sei domande instant a uno dei due soci per conoscere l”approccio al branding dell”azienda.

(Nicola Di Francesco) Partiamo con una considerazione di carattere generale. Nell’ambito del mondo delle startup si sente spesso dire che una nuova azienda, per avere successo, deve risolvere questo o quel problema. Be’, Grom smentisce l’assioma startupparo dimostrando che è possibile affermarsi partendo anche da un business maturo come quello del gelato artigianale. Come è possibile? La mia idea è che Grom abbia saputo costruire una marca, edificando coerentemente il suo posizionamento su dei valori quali naturalità, qualità, etica, attenzione al consumatore. Quanta importanza credi abbia rivestito il fattore marca nell’accreditamento del vostro gelato?
(Federico Grom) Abbiamo costruito il valore del brand a posteriori, a partire dalla qualità del prodotto e grazie alla qualità del prodotto, che rimane il nostro primario obiettivo. Pensiamo che non avrebbe potuto essere altrimenti: senza un prodotto di qualità, la marca non sarebbe assolutamente sufficiente e credo che questo principio valga anche nel mondo delle startup.

(ND) Pensi che il vostro marchio vi abbia agevolati? Il tuo cognome «sounds good» (Grom, ndr) è efficace e richiama in un certo senso il suo onomatopeico di gnam: l’avete scelto per questi motivi? Avete deciso payoff, colori, font, eccetera tutto da soli?
(FG) Avere un cognome breve, facile da ricordare e soprattutto «sounds good» è stata un piccola fortuna, una delle tante che hanno punteggiato la nostra avventura. Scegliere di usarlo, invece, è stata una prima prova di amicizia da parte del mio socio, Guido Martinetti, e al tempo stesso un esempio di lucidità imprenditoriale.  Sì, abbiamo pensato e deciso payoff, colori e font totalmente da soli.

(ND) I vostri pdv sono realizzati con un sapiente mix di tradizione, tecnologia ed esperienza d’acquisto. L’impressione è che l’imperativo sia trasmettere al pubblico i valori citati in precedenza attraverso un format semplice e pulito che racconta la marca, la sua sensibilità all’eccellenza del prodotto, all’impegno verso la sostenibilità ambientale, alla cura della formazione del personale. Credete nel marketing esperienziale e quante risorse destinate a questi aspetti?
(FG) Se con marketing esperienziale si intende cercare di far emozionare il cliente, assolutamente sì: «far star bene» il consumatore dev’essere il fulcro delle attenzioni di qualsiasi azienda. È difficile, però, dire quante risorse siano destinate a quest’aspetto perché si tratta, piuttosto, del leitmotiv: il consumatore è al centro dell’esperienza d’acquisto e deve provare il desiderio di ripeterla.

(ND) Tornando al prodotto. Un altro luogo comune che in qualche modo avete sfatato con il vostro gelato è quello del prezzo, dimostrando che il consumatore è disposto a spendere di più a fronte di una qualità/servizio superiori. Personalmente trovo assai penalizzante nel mercato odierno l’approccio impostato sul contenimento tassativo dei costi di produzione a scapito della “qualità” (intesa nella sua accezione più ampia), come se confrontarsi su questo terreno possa risultare differenziante. Anzi, sappiamo che la qualità generale delle merci si è livellata e in molti casi, paradossalmente la strada più veloce per finire nel dimenticatoio è proprio offrire un prodotto da prezzo e attributi medi. Non credi che tante aziende italiane potrebbero aumentare il loro valore semplicemente modificando l’orientamento al branding?
(FG) È una riflessione che ritengo corretta, sono d”accordo.

(ND) Grom è un brand moderno e piuttosto eclettico. Non credete si possa migliorare sul fronte digital con qualche iniziativa mirata a favorire il dialogo e la condivisione con i vostri clienti? Oppure aumentare l’awareness con dei progetti, ad esempio, di branded entertainment o product placement.
(FG) La nostra è un’azienda giovane: dobbiamo per prima cosa formare le persone giuste e acquisire il know-how necessario. Le iniziative di marketing che si possono mettere in atto sono molte e siamo convinti di poter migliorare in queste come in tutti i campi. Migliorare può significare, ovviamente, anche pensare al tipo di progetti menzionati in un prossimo futuro.

(ND) Quali sono le marche che ti hanno ispirato e continuano a farlo?
(FG) Tra le marche che mi hanno ispirato ci sono sicuramente Starbucks, soprattutto per la capacità organizzativa di una rete retail con punti vendita non in franchising, e Le Pain Quotidien, per la qualità del prodotto e del servizio.

Nicola Di Francesco – Milano, 2 luglio 2012.